Si alzano i calici al cielo. Cin cin Napoli e grazie per un'annata da sogno. Per questo salto nell'Olimpo di tutte le gioie. Se esiste un paradiso del calcio, oggi e domani gli azzurri di Spalletti lì godranno di libagioni squisite. Cose di altri pianeti. Gracias nuevos heroes. Nati e cresciuti nel segno di Diego, o come forse ha detto qualcuno, con Diego dentro. E quando hai El Pibe dentro di te, che ti infiamma cuore, muscoli ed anima, nulla è troppo lontano per la tua falcata. Hai un passo da gigante. E tii puoi prendere ogni impresa umanamente possibile.
La notizia circola da molte ore ed è stata riportata anche dai maggiori quotidiani sportivi nazionali: Nella giornata di ieri il presidente de Laurentiis ha chiamato al telefono Antonio Conte, per sondare la sua disponibilità per la prossima stagione. Conte è il profilo perfetto per il dopo Spalletti: allenatore di grande esperienza, vincente, sanguigno, dotato di una spiccata personalità e di un carattere granitico. Un trascinatore, capace di motivare i calciatori al di là talvolta delle proprie possibilità. E' lui l'identikit ideale per il prossimo anno, allorché il Napoli dovrà difendere il titolo e cercare di arricchire la bacheca con qualche altro trofeo. Ma Conte ha posto delle condizioni sulle quali non transige. O così o pomì.
Per un attimo si è immaginato che si fosse ad Istanbul e non al Maradona, con il Bosforo sullo sfondo al posto del lungomare e Castel dell'Ovo. Mangiucchiando un kebab e non una pizza. Un getto di fantasia, perché Napoli-Inter è stata vissuta da brividi per 95' e se si pensa che loro sono in finale di Champions e noi no, ed ai tanti punti di vantaggio sui nerazzurri. E cavolo, un brivido di rammarico ci sta.
Se ne va o non se ne va. Da un paio di settimane Napoli sfoglia la margherita. Un petalo dopo l'altro ma la risposta non c'è. Ancora no. Eppure, non occorre interrogare il futuro attraverso i fondi di caffè o guardare le nuvole nottetempo come nella commedia del grande Eduardo per capire che le intenzioni di Luciano Spalletti, leggendario tecnico azzurro e demiurgo del terzo ed inatteso scudetto, lo allontanano di ora in ora sempre di più da quella maglia che gli ha donato prestigio e gloria.
Seconda gara da campioni d'Italia e prima trasferta scudettata per il Napoli. Un leggero velo di malinconia per quella febbrile attesa che ora non c'è più, adesso che il tricolore veleggia sulle bellezze del golfo e in città squillano meno trombe e quei suoni si sono assopiti, ma di certo non la gioia di una squadra, e per una squadra, che ha scolpito le proprie impronte nel wall of fame del calcio.
Si dice sempre che dopo una goliardica ubricata ci sia un fisiologico calo, un momento di stasi. Uno stato soporifero che fa parte della meraviglia del corpo umano. Ma si sappia che codesta analisi medica, in tal caso applicata al calcio non è mai una scienza esatta. Non trattasi del teorema di Pitagora, ma di mera previsione o concezione di uno stato. Difatti, il Napoli l'ha già sconfessata ed ha messo kappao una Fiorentina che, per contro, non si era sbronzata di goliardia da vittoria in settimana e che avrebbe dovuto preparare al meglio la partita.
L’attesa ha prolungato il piacere. Non è il sessuologo che parla ma la voce di una tifoseria, della storia, di un popolo e di una squadra che ha strabiliato tutti. Dopo 33 anni è ufficiale la vittoria del terzo scudetto di Napoli. Non solo del Napoli ma della città. Tricolore del Napoli e di Napoli.
Mancavano appena sei minuti. Sai quando ti senti a un passo dal traguardo e già alzi le mani al cielo, vedi gli avversari che ti rincorrono ma sono distanti. Molto distanti. Poi scivoli, cadi, ruzzoli per terra. Non su una buccia di banana, ma un piede incespica nell'altro. Crolli su te stesso. E non ti rialzi. Vai giù sulle certezze che ti eri costruito. In quasi 90' di assalti serrati, di palle gol sprecate e vanificate anche dalla bravura di un portiere avversario che in più occasioni è stato tentacolare.
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