L’attesa è stata lunga e snervante. Sono stati 33 anni non facili per i colori azzurri. Da quel lontano 1990 iniziò un precipitoso declino della squadra e della società. L’addio a Diego, la crisi di Ferlaino, l’impossibile e travagliata convivenza a muso duro di due presidenti (lui e Corbelli, ndr), gli anni bui della retrocessione, la gestione Naldi fra il serio e il faceto, infine il fallimento e la gogna della serie C. Poi l’avvento di Aurelio De Laurentiis, la risalita, la graduale crescita con la vittoria di tre Coppe Italia e una Supercoppa. Poi il sogno appena accarezzato ai tempi di Sarri e la sensazione amara che il terzo scudetto non sarebbe mai arrivato. Secondo i detrattori di Adl mai con questo presidente. Nulla di più errato, lo stravagante Aurelio, spesso criticato per le sue bizze, alza al cielo il titolo. L’ha vinto proprio lui e con inviolabile merito. E quel pizzico di buona sorte che serve per far strada nella vita e negli affari.
Eccolo il titolo numero tre, non piovuto dall’alto per mera casualità ma assemblato pezzo su pezzo, successo su successo, fra scrivania e soprattutto campo in questa sera di maggio. Il primo scudetto ha avuto senza dubbio un fascino indimenticabile, ma questo terzo ha in se qualcosa di epico. La definizione più appropriata e sintetica può esser questa, una vittoria in una sola parola: epica.
La partita di Udine trattavasi solo di formalità. Bastava il pareggio. E pari è stato, sofferto a momenti, riduttivo in altri. Però l'avvio è stato da choc per gli azzurri, i padroni di casa sono passati in vantaggio mentre la difesa del Napoli guardava le stelle del Friuli. Il Napoli ha accusato il colpo e non ha trovato subito la lucidità, imballato di testa e di gambe. Eì andato a riposo dopo i primi 45' a testa bassa e con troppe incognite. Il timore che si andasse in panico per ansia prestazionale era palpabile. Ma Osimhen, grazie ad Eupalla e al suo immenso genio, su respinta del portiere, da gran bel tiro di Kvara, l'ha piazzata sotto la traversa. Il gol è destinato a diventare uno dei più importanti della storia azzurra. Il pareggio intanto aveva ricaricato le batterie del Napoli che si è preso campo e scena. Ma soprattutto un titolo atteso per 33 anni.
Dei tre scudetti vinti dal Napoli questo è forse il più bello. Il più emozionante. Perché più inatteso, più sorprendente, quello che non ti saresti mai aspettato. Quanti ad inizio stagione avrebbero scommesso un centesimo bucato che questo titolo se lo accaparrasse il gruppo Spalletti. Peraltro, con un piglio così autoritario, con largo anticipo, di tanti punti sopra la seconda. Un exploit che fa battere il cuore a mille anche agli ottimisti più sfegatati.
Il ridimensionamento tramutatosi in predominio assoluto- Esattamente poco meno di un anno fa il presidente annunciava la nuova politica per la stagione successiva. Il taglio di circa il 30% del tetto ingaggi, accompagnato dal rischio di una crollo della competitività della squadra. Fioccavano le cessioni eccellenti. Via Koulibaly, Insigne, Fabian, Mertens. Sbarcava a Napoli un coreano sconosciuto che militava nel Fenerbahce e un virgulto di belle speranze di sangue georgiano. Vai ad immaginare che Kim, ex tamagotchi, e Kvara diventassero uno dei centrali e degli esterni di fantasia più invidiati al mondo. L’assoluta grandezza del Napoli è di aver vinto uno scudetto risparmiando sugli stipendi, sui costi gestionali e mantenendo i conti in attivo. Un vero miracolo del calcio moderno. Un’alchimia gestionale senza precedenti, in quanto le vittorie in questo sport hanno sempre fatto rima con la parola indebitamento. Una rivoluzione copernicana da prendere ad esempio per tutti. Non sarà facile ripeterla né imitarla certo, ma si sappia che per vincere non basta solo spender miliardi di euro o dollari. Questo scudetto è fantastico in quanto i primi due il Napoli li vinse dopo aver acquistato il calciatore più forte del mondo, Maradona, invece ora ce l’ha fatta dopo aver smantellato mezza squadra, privatosi di nomi eccellenti per far spazio a carneadi, a ragazzi poco conosciuti. La magia del gioco più bello del mondo ci ha regalato un colpo di scena.
“Lo scudetto dell’onestà”- Parole sacrosante pronunciate qualche giorno fa dal presidente De Laurentiis. Il riferimento è ancora alla linea adottata del contenimento spese e salari dei giocatori, di non scivolare mai nel rosso di bilancio, ma soprattutto di non aver mai dovuto ricorrere a trucchi e vizi contabili riguardanti plusvalenze e minusvalenze. In pratica il non aver mai commesso illeciti amministrativi e rispettato i parametri di Lega e Uefa. Sottile riferimento alla vicenda Juve, nei guai fino al collo per aver taroccato i bilanci. Il Napoli ha stravinto senza far uso di doping finanziario e di sotterfugi illegali. L’ha dimostrato nella revisione dei conti che gliela si può fare anche non utilizzando, o al minimo, trucchi e trucchetti e con i parametri economici in regola. Per di più, la squadra sul campo non ha mai usufruito di aiuti dall’alto. Anche perché Adl non è amato nel Palazzo. A maggior ragione vincere così è orgasmico. E’ uno scudetto limpido, cristallino come l’acqua di un lago di montagna.
Il miracolo di Spalletti e della squadra- Certosino, prezioso e commovente l’operato del tecnico toscano a Napoli. Qualche dubbio l’aveva destato nella precedente stagione, seguita da una scia di polemiche per il finale in netto calo, alimentato da una serie sconcertante di infortuni. Anche a settembre scorso gli azzurri sono partiti in quarta ma con la differenza che rispetto all’anno precedente non si sono mai fermati, eccetto la minor brillantezza delle recenti prestazioni. Spalletti ha forgiato il suo Napoli a origine e somiglianza di un undici che ha rasentato la perfezione. Fase difensiva guardinga ed impermeabile, attacco devastante. Suo anche il merito per il subitaneo e altissimo rendimento dei grandi talenti di Kim e Kvara: i nuovi arrivati si sono trovati subito a proprio agio. E chapeau a Spalletti per la grande crescita di diversi elementi, fra tutti Mario Rui ed Osimhen. Il portoghese si è evoluto in un esterno tuttofare, mentre il bomber nigeriano si è completato a livello tecnico e di temperamento. Oggi lui è anche un leader, un trascinatore per i compagni. Dopo anni di gavetta e delusioni, Spalletti ha raggiunto qui a Napoli l’apogeo della sua carriera. Questo è anche lo scudetto di Spalletti, ha la sua firma in calce, oltreché di un gruppo eccezionale.
Per tutte queste ed altre ragioni ancora, questa terza volta ha un checchè di unico, forse di irripetibile. E' esoterismo applicato al calcio. L'improcrastinato che diventa verità. Una fiaba del giuoco. E ci ricorda che la favole in questo sport, come negli altri, spesso si tramutano in visioni concrete, diventano realtà ed entrano a far parte della nostra vita e della leggenda. Grazie Napoli per questa notte di festa e per i giorni che verranno.
(Foto fonte Corriere del Mezzogiorno)