In Turchia poteva davvero volarci questo Napoli. Che ha steso l'Inter con un secco 3 a 1 e l'ha messa all'angolo per tutto il tempo. Vero è che Inzaghi è andato in scena a Fuorigrotta con un turn over hard, otto undicesimi, e che i suoi sono rimasti in 10 dopo non tanto tempo. Però. Non sono più forti di questo Napoli. Una lacrima per la Coppa, ma evviva per la prova eccellente di un ritrovato Napoli, sbandato a Monza ma travolgente invece nella sfida ai nerazzurri. Si è capito subito che il gruppo Spalletti questa partita la voleva vincere per davvero, aveva una sfrenata voglia di farla sua, di farsi grande come nelle giornate migliori di quest'incredibile stagione. Beato chi c'era, se la rimpiangerà invece chi non se l'è gustata questa sfida del Maradona. Tirata, mai noiosa, altro che partita di fine stagione, pareva fossimo in autunno e non solo per il cielo uggioso. Tre punti da urlo, di impeto e con lo snobismo della capolista, scudettata e nobile, ma pronta a sacrificarsi. Umile all'occorrenza come da sempre la vuole Spalletti.
In cornice i due gol decisivi: quello di Di Lorenzo un colpo da maghetto, Harry Potter se la ride; il sigillo, quel terzo, è il primo in maglia azzurra per Gaetano, napoletano doc. Per lui una serata indimenticabile.
Approccio, dunque, assai diverso da quello di Monza. Azzurri concentrati e virili al punto giusto, votati all'attacco nel primo tempo pur senza trovare il gol. Mancava quell'ultimo passaggio, la rifinitura per il colpo vincente. In attesa dei botti, la retroguardia ospite teneva duro. L'Inter intanto era rimasta in 10, rosso per Gagliardini.
Nella ripresa, il Napoli si gettava subito all'attacco con foga e cuore. Ma anche logica ed ordine. E' toccato ad Anguissa, illuminato come non mai, torsione e potenza, trovare il varco vincente in una difesa attenta e muscolosa. A Simeone è stato poi annullato un gol parso regolarissimo, per un presunto fallo in scivolata di Zielinski che in realtà avrebbe toccato più palla che ossa. Immeritato, poi, il pareggio interista, imputabile ad un colpo di sonno di Juan Jesus e zampata di Lukaku, 1 a1. Ma c'è un solo capitano, senza nulla togliere al mito del Pupone: Di Lorenzo si inventava una traiettoria favolosa, tiro millimetrico e a scendere. Brillante come una stella cadente. Che invenzione da sballo, 2 a 1. Simeone ancora si divorava un piatto fumante servitogli su un carrello d'argento. Il finale era da libro cuore, con la prima volta di Gaetano su passaggio iper altruista dell'argentino figlio d'arte.
Vittoria festeggiata con fuochi d'artificio e pastarelle. Ci stanno tutt'e due. Da diverse settimane, il Napoli dopo aver corso come forsennati accusava un fisiologico calo di tensione e anche un certo affaticamento. Tant'è che nelle ultime uscite aveva segnato poco e sofferto parecchio. Ma contro l'Inter ha rispolverato l'edizione in formato top. Ancora una volta in campo c'è andato il Napoli che s'è messo ai piedi il campionato e, dato statistico molto significativo, con la vittoria sull'Inter, ha battutto tutte le 19 concorrenti. Un record che si aggiunge ai tanti già raggiunti. E fra un brindisi e l'altro si guarda avanti, alla prossima stagione. La società è in piena programmazione ed il primo nodo da sciogliere riguarda proprio la panchina.
Il futuro di Spalletti- L'interpretazione dei battiti di ciglia, le curve e le rughe del viso, il timbro delle voce, tutti piccoli aforismi di un momento di forte stanchezza, tanto stress accumulato dal tecnico toscano in una stagione esaltante ma vissuta su ritmi forsennati, da rave party. E di qui l'inevitabile conflitto interiore se lasciare per un anno o raddoppiare e rimettersi in gioco. La prossima stagione Spalletti forse la percepisce già come un'avventura nella quale potrebbe aver molto da perdere, conscio che rivincere lo scudetto sarebbe non semplice. Ed ecco, come anticipato in esclusiva da Cuore azzurro nell'articolo di giovedì 18 maggio, spuntare la tentazione di un anno sabbatico. Di riposo. Ipotesi di 364 giorni lontano dalle urla e dall'adrenalina del campo, a cullarsi nel verde della sua campagna e ad ammirare lo spettacolo delle sue vigne. Essì, è anche comprensibile in un professionista con 64 primavere alle spalle, nella piena età della saggezza, ove però non è un gioco ricaricare le batterie fisiche e nervose come al tempo dei quarant'anni o un po' su di lì.
I possibili successori- In questi giorni è una ridda di nomi che si affastellano gli uni sugli altri. Manca solo el loco Bielsa per completare il casting del probabile futuro allenatore del Napoli, sempreché Spalletti non stravolga le proprie intenzioni con un ripensamento paragonabile a quello del pentimento dell'Innominato del Manzoni. Tutto dipende da quale ruolo De Laurentiis vorrà assegnare al suo Napoli. Se da protagonista assoluto nella prossima stagione, ambizione di vincere un altro scudetto, o ripartire da una fase sperimentale con giovani di qua e di là. Nel primo caso i nomi più papabili sono Conte in primis, eppoi Allegri. Se invece si dovesse scegliere il progetto due, allora avanti con un dei tanti nomi giovani che si rincorrono nelle ultime ore.
Il programma di De Laurentiis- Tocca al presidente indicare la via. Nella sbornia di gioia della notte di Udine, ebbro del suo primo scudetto, egli ha avuto l'ardore di urlare al mondo di voler vincere altri scudetti (plurale maiestatis) e di mirare addirittura alla Champions. Il dubbio amletico era se facesse sul serio o fosse solo all'apogeo di un entusiasmo per un successone in parte inatteso, ma tanto cullato. Voler proseguire sulla scia extraplanetaria di quest'anno significa però blindare le stelle della squadra, primi fra tutti i due gioielli più corteggiati d'Europa, Kim ed Osimhen. Con essi e con qualche nuovo innesto e un tecnico molto esperto (Allegri o Conte, ndr) il Napoli potrà ragionare e vivere ancora in grande. Ma se i pezzi da novanta dovessero finire all'asta allora stavolta non sarebbe così facile sostituirli con pedine di eguale spessore. Cert'è che un difensore centrale solido come Kim, insomma ce n'è davvero pochi in giro. Per non nominare Osimhen in questo momento uno degli attaccanti top al mondo. No, attenti a quei due come recitava una serie televisiva popolarissima negli anni settanta, il coreano e il nigeriano sono pezzi unici e pregiati. Da loro e da altri calciatori di altissimo profiglo, più che dal nome del nuovo allenatore dipenderà tanto delle ambizioni del Napoli.
(Foto fonte la Lazio siamo noi)