Mercoledì, 05 Maggio 2021 13:48

Mario Ferri: il più grande invasore d'Italia si racconta ai microfoni di Cuore Azzurro

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La redazione di "Cuore Azzurro" ha incontrato Mario Ferri "Il Falco".....

 


Il giocatore ed influencer ha risposto alle nostre domande con simpatia ed emozione, regalandoci una bellissima intervista.
Mario Ferri è nato a Pescara nel 1987. Sin da piccolo manifesta la sua passione per il calcio che lo porterà ad invadere i campi calcistici non solo in Italia,ma anche in varie parti del mondo.
Mario Ferri ha inoltre partecipato a varie trasmissioni, sino ad approdare nel 2019 al reality “Saranno Isolani” dove concorreva per un posto nel reality “Isola dei Famosi” condotto da Alessia Marcuzzi. Non riuscirà nell’intento ma invaderà l’isola presentandosi a Playa Uvain Honduras per portare un salame abruzzese a Rocco Siffredi e un tapiro a Cecilia Rodriguez.

 

 

Ciao Mario! Grazie per averci ospitati oggi nella bellissima Montesilvano ed esserti prestato a questa intervista. Bene, parlaci un po’ di te. Come è nato il soprannome “Falco”?

Il soprannome "Falco" è nato durante una mia esperienza lavorativa, quando ero più giovane. Al tempo giocavo in serie D nel Venafro ed avevo bisogno di mantenermi, così oltre a proseguire con gli allenamenti iniziai a lavorare come agente di commercio presso un'azienda di cibo americano. Il capo, che chiamavano "Aquila Americana", era un tipo abbastanza fuori dagli schemi: lavorava ad orari improponibili, non ascoltava nessuno, faceva sempre come gli pareva. Ed io inizia ad imitarlo sul lavoro, comportandomi praticamente come lui. Questo mi valse il soprannome di "Falchetto" che voleva essere un diminutivo di "Aquila", poi diventato "Falco" come oggi lo conosciamo.

 

Quando hai compiuto la tua prima invasione?

La prima invasione me la ricordo benissimo, è stata nel Settembre del 2007, ormai 14 anni fa. C’era in procinto un match sentitissimo qui: Pescara –Sambenedettese. Durante un pranzo settimanale i miei amici,scherzando, mi chiesero se avessi le palle di andare sotto la curva degli ospiti a fare il gesto dell’ombrello. Io prontamente risposi “Certo, ma quanto mi date?”, perché i soldi sono sempre stati importanti per me (ride n.d.r). Era da poco uscito l’euro e visto che erano in dieci a scommettere stabilimmo che mi avrebbero dato 20 euro a testa, per un totale di 200 euro. Per intrufolarmi mi finsi accompagnatore di un mio amico che si era infortunato ed era in sedia a rotelle. Con questo stratagemma riuscii a passare attraverso il campo,andare sotto la curva della Sambenedettese e a fare il gesto dell’ombrello, con conseguente boato dello stadio.

 

E questa idea di fare le invasioni è nata da quell’episodio?

Sì, potremmo dire sì.Di quell’esperienza mi ricordo l’adrenalina che ho provato, il brivido di fare qualcosa di anticonvenzionale, fuori dalle regole, che rispecchia anche un po’ la mia filosofia di vita libertina e il carattere da ribelle. Tuttavia non volevo che quelle azioni fossero fini a se stesse, quindi ho cercato di dare un significato a tutte le invasioni, di trasmettere un messaggio che potesse avere un fine, serio o goliardico: vedi l’invasione di campo in ricordo di Ciro Esposito o ad esempio quella con la maglia con scritto “Cassano in Nazionale”. Il mio intento era quello di comunicare e in qualche modo ci sono riuscito.

 

E l’invasione più difficile in assoluto qual è stata?

M.F: Beh, questa è una bella domanda, perché per me sono state tutte difficili (ride n.d.r.). Però le più difficili in assoluto sono state due: quella ai Mondiali in Brasile e quella di Napoli –Juventus. Erano due situazioni diverse che hanno richiesto un’attenta preparazione e l’uso di alcuni stratagemmi. Come puoi immaginare in Brasile la sorveglianza ei controlli erano rigorosi, anche perché al tempo si temevano degli attacchi terroristici. In quella occasione mi finsi di nuovo accompagnatore di un tifoso diversamente abile che avevo conosciuto sul posto, gli chiesi di poterlo accompagnare all’interno e lui acconsentì. Appena dentro passai tra i cordoni di Polizia ed iniziai a correre.A Napoli invece,siccome c’è un fossato intorno al campo,è praticamente impossibile invadere, quindi mi sono dovuto fingere uno steward. Ho dovuto reperire una casacca e inscenare una bella recita, cercando di mimetizzarmi tra di loro e facendo finta di parlare al telefono per avvicinarmi a bordo campo in maniera indisturbata. E’ stato veramente difficile organizzare tutto ma alla fine ce l’ho fatta.

 

E durante quella famosissima invasione qual è stata la reazione di Higuain?

 

M.F: Appena mi sono ritrovato in campo mi sono tolto tutto e sono passato di fianco a Reina. Devo dire che non è stato facile mantenere la calma quando lo stadio si è fermato di colpo, in silenzio. Dopotutto non succede spesso di interrompere un big-match come quello. A quel punto vedo Higuain, che in quel momento era di fianco a Koulibaly, e gli corro contro. Mentre sto andando verso di lui alza le mani, io gli arrivo vicino e gli urlo “traditore!”, tirandogli la sciarpa del Napoli. In quel momento lo stadio S.Paolo esplode, un boato immenso, perché i tifosi avevano capito di cosa si trattasse e si sono identificati in quel gesto. Qualche settimana dopo ho incontrato Insigne che mi ha detto quella sciarpa lanciata ad Higuain, in termini di coinvolgimento dei tifosi, è stata molto più importante di un gol. Mi porto dietro dei ricordi bellissimi e un’emozione indescrivibile, quella di ricevere l’omaggio del S.Paolo.

 

Hai invaso tanti stadi in Italia e nel mondo, quindi la domanda sorge spontanea: per quale squadra tifi?

 

M.F: Sono milanista da sempre, almeno lo sono sempre stato da bambino. Devo dire però che simpatizzo anche per la squadra della mia città, il Pescara, dove sono nato e cresciuto. E poi, cosa che non mi aspettavo assolutamentee che mi ha travolto, è stato l’amore dei tifosi napoletani. Mi sono arrivate centinaia di migliaia di messaggi di affetto e di stima sui social, sia quando ho lanciato la sciarpa ad Higuain che quando ho dedicato un tributo alla memoria di Ciro Esposito. L’amore viscerale che mi hanno riversato i tifosi mi ha fatto appassionare anche alla squadra del Napoli e quindi mi sento di dire che tifo anche per la squadra azzurra. E’ capitato che durante le partite col Milan non sapessi per chi tifare, prima non era così. (ride n.d.r.)

 

Bene “Falco” è stata davvero una bella intervista e credo che ora sia il caso di andare a mangiare degli ottimi arrosticini abruzzesi…….

 

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Mario Passaretti

Nato a Torre del Greco il 28/05/1979, diplomato in maturità classica. Giornalista da giugno 2015 e direttore del sito www.ilcuoreazzurro.it dal 2022. Collaboratore del giornale "Il Roma"

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