E questo oggi è il maggiore difetto della squadra di Ringhio. Limite che si è evidenziato pesantemente domenica contro il Cagliari: dopo 10 minuti circa il Napoli era già in vantaggio con un super Osimhen ed aveva la partita in pugno. Di ì in avanti ha sì accusato la reazione ospite, ma ha pure avuto svariate opportunità per andare sul 2 a 0, e chiudere forse una partita decisiva, autentico crocevia sul cammino Champions. A fine campionato quei due punti persi poi in pieno recupero potrebbero essere decisivi. E sarebbe un peccato capitale se non vi si ponesse rimedio nelle ultime quattro giornate.
Il Napoli crea tantissimo, in fase offensiva spinge tanto e da manuale. Incide. Sa come mandare a gambe levate le difese avversarie. Arrivano gli attaccanti azzurri con maestria ai limiti dell’area, ci calzano pure a pennello e costruiscono nitide situazioni per gettare la palla nel sacco, ma vanificano troppo. Non è un morbo recente questo che affligge il Napoli. Anche nell’era Sarri le cose andavano pressappoco alla stessa maniera. Per la mole di gioco e le palle scagliate verso il nido avversario c’era troppo spesso una contabilità negativa, alla quale lo stesso Vate toscano, che di calcio era un maestro all’antica, non seppe porre del tutto rimedio.
Mira, mira. Sempre errori di mira. Dietro i quali però c’è qualcosa di subdolo, di non facile comprensione, che non funziona. A volte si ha la sensazione che gli azzurri abbiano troppa fretta nelle conclusioni. Che debbano tirare subito, senza ragionare quel nanosecondo in più. Della serie vai e calcia ad ogni costo. Il provarci di puro istinto, più di pancia che di testa. A discapito della precisione dei piedi. Che spesso non sono coordinati dai centri nervosi, che imporrebbero maggiore raziocinio e meno impulsività. Eccolo, un sintomo di ansietà, di non tranquillità quando si ha la palla fra i piedi. Manca la freddezza del goleador, troppo spesso. Eppure i numeri, ribadiamo, sono tutt’altro che pessimistici. Di gol ne sono stati realizzati molti. Quel quid però per fare un salto di qualità e concludere quasi ogni partita con un pallottoliere fra le mani manca. Solo ansia? Ma l’ansia può fare rima con immaturità. Eppure il Napoli vanta giocatori esperti. Maturi all’anagrafe e nelle esperienze. Lo stesso Osimhen, che è giovane e ancora in fase sperimentale adattativa, è in crescita esponenziale. Contro il Cagliari è stato il migliore degli azzurri. Per non parlare di Insigne. Il capitano sta migliorando lo storico del suo personale carniere stagionale. Ma il buon Lorenzo, ad esempio, nella sfida con i vivaci isolani ha peccato d’egoismo. Era stranamente nervoso. Sembrava meno lucido e più agitato del solito.
Appare perciò, questo Napoli 2020-21 una squadra spesso nevrotica e ancora un po’ infantile. Napoli che incanta ancora col bel gioco d’attacco, ma poi dopo aver dominato si ritrova in pieno recupero con un solo golletto di vantaggio e si fa rimontare. Vedi l’ultima esibizione.
Anche la mancanza di giocatori di spiccata personalità è un altro vecchio tarlo. Gattuso schiera elementi esperti, ma nessun carismatico. Se ce ne fossero un paio di quelli con quelli che una volta si chiamavano grandi cogliones, oggi si potrebbe commentare una classifica diversa, grazie ad un rapporto gol fatti-subiti che sarebbe fra i migliori d’annata.
Un vero peccato e ombre di rammarico all’orizzonte. Mancano ancora quattro partite per aggiustare il mirino e provare ad approfittare di un eventuale stop delle tre davanti. La chance è viva, bisognerà sfruttare ogni pallone per non stare poi a trastullarsi coi soliti rimpianti.