Gli azzurri riescono ad essere imperiosi contro le provinciali, le squadre di seconda fascia, ma timidi e da rivedere contro le grandi o le mediamente più competitive. I passi falsi casalinghi con Lazio e Fiorentina e il punto che sa di poco col Milan ne sono lo specchio. Ma si guardi pure avanti. O quantomeno al presente che ci racconta di un Napoli implacabile e quasi perfetto di scena all'Arechi, al cospetto di una Salernitana modesta e di nuovo sull'orlo del baratro. Non c'è stata partita e la supremazia degli ospiti è stata evidente e netta sin dall'avvio. I tifosi tirano un sospiro di sollievo, perché i punti puoi regalarli a tutti i punti ma non a quelli di Salerno. Corsi e ricorsi storici di rivalità territoriali che spesso sono sfociate in intemperanze e comportamenti esecrabili dall'una e dall'altra parte.
Negli occhi dell'albiente azzurro scorrono ancora le dolorose immagini della ricambolesca rimonta dei granata al Maradona che rimandò di qualche giorno la festa scudetta. Un dispetto che nessuno qui in città ha dimenticato. E che costrinse i sostenitori del Napoli ad una festa ristretta nel dopo Udine, perché si giocò in serata di un giorno feriale e soprattutto le famiglie e i più piccoli furono costretti a restare a casa.
Se si trattava non di una vendetta, termine acre ed eccessivo in questi drammatici tempi di guerre, piuttosto di rivalsa, tale è stata. Con patate. Ed interessi. I granata scivolano sempre più giù in classifica o restano ultimi soli soletti a seonda di come la si voglia spiegare, mentre il Napoli si dona una rivitalizzante boccata di ossigeno. In primis, il sotto perenne esame allenatore, Monsiuer Garcia, può archiviare con successo il primo dei tre confronti decisivi per la sua tutt'altro che salda panchina. Dalla sua parte non ci sono solo i tre punti che rilanciano le ambizione di grandeur, ma anche la convincente prova offerta dai suoi ragazzi. Più volte si è rivisto quel rapidissimo girar palla a memoria che aveva resto immenso il Napoli di spalletti, quel gioco menmonico che annichiliva gli avversari in Italia e per un certo periodo anche in Europa. Sarà forse presto per dire che ogni problema sia stato messo a posto, ma a Salerno si è ammirato un ottimo Napoli che di gol ne poteva segnare molti di più con un pizzico di miglior precisione.
Protagonista ancora per una volta Raspadori, terzo gol in altrettante partite. Si dica pure che come nella passata stagione quando è chiamato a sostituire il mito Osimhen lo fa al massimo del rendimento e dei voti.
Da più parti si sente dire che fra Napoli e Salernitana si giochi un derby. Si può non essere d'accordo, con questa grossolana etichetta. Il derby è una stracittadina, come a Roma, a Torino o a Genova, o quelli di Londra se saliamo la scala del prestigio. Ma due squadre conregionali, di due città che distano 50 chilometri, di cui una pluriscudettata ed un'altra che ha sempre militato nel sottoscala del calcio che conta, ma quale derby mi faccia il piacere.
In partita, il Napoli è sceso in campo con la prontezza e la testa giuste, le migliori in questo caso. La Salernitana fragile in fase difensiva e Raspadori nel final di una roboante triangolazione portava in vantaggio gli azzurri. Che rischiavano pure qualcosa in difesa ma sfioravano, in più trepidanti occasioni, il raddoppio.
Nella ripresa, il gruppo Garcia ripartiva all'assalto di forte granata, ma era poco cinico in fase conclusiva. Spreconi. Occasioni su occasioni. Ma Francisco Guillermo Ochoa Magaña è un ottovolante. Finalmente Elmas metteva i tre punti al riparo da cattive sorprese. Lui provetto goleador che parte dalle retrovie, che al momento opportuno si fa trovar pronto: prendeva la mira dopo un delicato dribbling e sorprendeva il portiere messicano, sino ad allora impeccabile. Zero a due, giochi chiusi. Il Napoli, e soprattutto il Monsieur, si scrollano di dosso una bella dose di ansia e paura.
Infatti lo status dell'allenatore azzurro resta inquieto e il suo futuro incerto. Garcia vive, anzi sopravvive professionalmente parlando, una condizione esistenziale non semplice qui a Napoli. E' ogni giorno sotto esame, sotto pressione, vive sulla graticola, sempre sul filo della sfiducia, del presidente, della squadra e dei tifosi. Una fase di non serenità che di certo non facilita il suo lavoro, già difficile in una stagione che segue quella esaltante dello scudetto, in cui chiunque sedesse su quella panchina avrebbe avuto molto da perdere più di quanto potesse guadagnarne. Per ora tutto a posto, intanto. Si aspetta la seconda vittoria nel trittico decisivo per il suo futuro nella sfida di Champions di mercoledì sera, al Maradona, contro un non irresistibile Union Berlino. Per poi salvare capra e cavoli, fra le mura amiche battendo l'Empoli. Non è una missione impossibile, siamo il Napoli e non pisciaiuoli.
(Foto fonte il Napolista).