Che ci vadano pure le milanesi a giocarsi la semifinale, certo spiace un mondo. Tanto ad Istanbul con Real o city saranno guai amari. Ma intanto il Napoli già domenica prossima intorno alle ore 1430 potrebbe alzare al cielo il suo terzo tricolore. Sempreché: batta la Salernitana sabato al San Paolo e la Lazio non vinca a Milano. Una combinazione molto probabile. Ci siamo quasi, questione non di feeling come cantava la Oxa ma di una manciata di palle scagliate avanti nel rettangolo di gioco e di un tempo che ora si è fatto davvero stretto. Ci manca davvero poco.
A Torino è stata vittoria sfavillante. Meritata per averci creduto sino in fondo e per l'intensità della performance. Arrivata nel finale, quando dopo averci provato parecchie volte pareva che non ce la dovessi fare più e che quasi quasi il pareggio sarebbe andato pure bene. E difatti il punto non sarebbe stato da buttar via, soprattutto dopo che la seconda in classifica, la Lazio dell'ex Sarri, aveva accusato un forte capogiro all'Olimpico sotto le incornate di un toro ondivago ma che se carica a volte sa ancora esser micidiale.
Si temeva molto un contraccolpo psicologico dopo l'eliminazione dalla Champions. Ed invece il Napoli ha reagito con un ruggito felino. Alla vigilia il quadro si presentava più o meno così: il Napoli meno stanco dei bianconeri, perché aveva giocato in Europa 48 ore prima, ma col morale e la seratonina bassi. Mentre la Juve che si era esibita in trasferta giovedì sera a Lisbona aveva più acido lattico nelle gambe e meno ore di sonno, però magari l'umore alle stelle per l'accesso alle semifinali.
In realtà, spesso il campo capovolge ogni previsione. Così è stato anche ora. Tant'è che nessuna delle duellanti è sembrata così affaticata e spenta, anzi. Se le sono date, non in termini di botte o falli ma di occasioni e capovolgimenti di fronte. Soprattutto nel secondo tempo che è stato molto divertente, mentre il primo più sonnolento. Alla faccia di chi pensava che fossero stanche, Napoli e Juve hanno dato il meglio di se stesse nella ripresa, due diesel che hanno regalato emozioni e qualche batticuore ad entrambe le tifoserie.
Il Napoli era reduce da sette vittorie consecutive in trasferta. Ma nelle ultime uscite non era parso molto brillante, un po' affannato. La Juve s'è gettata nella mischia senza Vlahovic, Di Maria e Chiesa. Poi subentrati. Il rientro di Kim ed Anguissa invece è stata una manna dal cielo per Spalletti. Il voto in pagella per il camerunense è da primo della classe, così come il coreano ha fatto ottima guardia davanti a Meret. Os s'è dato un grandissimo da fare, Kvara non è ancora quello dei giorni al top ma è cresciuto a piccoli passi.
Il primo tempo è stato pacato, anche troppo. Gli azzurri hanno avuto enormi difficoltà nel superare l'uomo nell'uno contro uno. Solito possesso palla ma non trovavano spazi, Il ritornello era quello dell'io la dò a te e tu a me, ma nessuno inquadrava la porta. E spesso al posto di provarci si è preferito fare ancora un passaggio. Di troppo. Poca concretezza. Poi col passare dei minuti hanno riacquisito certezze e determinazioni storiche. Le qualità che li hanno resi primissimi e protagonisti assoluti sin qui.
Nella ripresa, ecco un'altra partita quella che non ti aspetti. Il Napoli si è liberato del tutto di quella che poteva sembrare fatica ed in realtà era forse una flebile timidezza alimentata dalle scorie del post Milan, e gli spazi verso la porta avversaria gli si sono aperti per meriti propri più che per leggerezze di una retroguardia, la juventina, sempre attenta e concentrata.
La grande paura è stato il gol di Di Maria, annullato per un fallo pregresso su Lobotka, la grandissima bellezza il tiro al volo preciso e micidiale di Raspadori, che non segnava addirittura da ottobre e che aveva sofferto come un indiavolato dopo l'infortunio. Era lui che aveva dentro quella voglia di spaccar tutto, di prendersi la gloria con i denti. Il Rasp l'ha messa dove è meglio far censura se si va in onda in orario protetto, ovvero esattamente fra le gambe del povero Szczęsny. Ed è allora che è esploso il grande urlo. Della squadra, di Spalletti, di una città intera che si era immagonita dopo i 270' choc con il Milan, che aspettava intanto da 33 anni. Un'attesa che sta per esser ricambiata nel modo più bello. Come nelle favole.
E dagli Napoli che ci siamo forse già domenica prossima. Roba da matti, eppure il Napoli potrà incoronarsi campione d'Italia il 28 aprile. Cioé con sei giornata di anticipo. Se così fosse caspita che dominio assoluto. Trentatre anni sono più di sei lustri, ma la gioia dietro l'angolo è di quelle che non si potranno mai quantificare o descrivere.
(Foto fonte Gettyimages)