Lo spunto nasce dall' intervista rilasciata da Sergio Aguero a "El Chiringuito"
L' attaccante del Manchester City ha espresso la sua preoccupazione circa un' eventuale ripresa del calcio, rimarcando l'aspetto psicologico dei calciatori, che va oltre, ragionevolmente e giustamente aggiungo io, la loro professionalità.
- La maggiorparte dei calciatori ha paura di tornare a giocare, hanno figli, hanno una famiglia - ha spiegato il giocatore. - E se qualcuno si ammalerà diremo, "che cosa sta succedendo qui'?-, ha aggiunto.
Parole che invitano a una riflessione approfondita sulla questione della ripresa del football che ha ormai aperto una vera e propria diatriba socio-politica, dividendo i professionisti e gli opinionisti del pallone tra la tutela della salute e il business calcistico.
Mi domando, vale davvero la pena stare a discutere se ripartire o no? Vale davvero la pena cercare di salvare il salvabile, non in termini di emozioni calcistiche che interessano solo i tifosi che, ad onor del vero, non sembrano affatto mostrare la frenesia del " ridateci il calcio'", quanto piuttosto in termini materiali. Mettere al primo posto il subdolo cinismo di un mondo attento al patrimonio economico di chi investe e guadagna col pallone sopra ogni cosa, anche sopra l'aspetto umano dei professionisti, molto spesso definiti insensibili e mercenari nell' ambiente del football. È davvero la strada giusta? È davvero necessario riprendere a giocare in questo momento, di fronte a un' emergenza che mette sul banco di prova la salute dell' uomo e la sua emotività?