Ma in tema di rogne, la più lampante in società è proprio il modo di fare del padrone, tutto incentrato sulla sua ingombrante, e talvolta arrogante, invasiva figura. Decido tutto io. Solo e sempre io. Non sarà un caso che Adl non si sia mai voluto circondare di un dirigente di alto profilo e l'unico che stava per prender spazio (Giuntoli) se la sia poi svignata a gambe filate. E' stato il presidente a puntare su Rudi Garcia, a scegliere un allenatore reduce da un esonero nel campionato saudita, e già questo debacle doveva destare qualche sospetto. Adl ha scelto anche il diesse Meluso che ora è finito anch'egli sulla graticola ed è a rischio esonero. Meluso ex Spezia, neoretrocessa, peraltro fermo ai box da tre anni. Ma come può una squadra che ha appena vinto una scudetto ingaggiare una figura professionale di così modesto, se non convincente, profilo. Soldi in cassa ce n'erano, ambizioni pure e una squadra fortissima. Forse, in fondo in fondo proprio le ambizioni non sono così elevate, come sbandierato con illusoria veemenza nell'eccitazione della notte di Udine da un presidente in versione notte degli Oscar.
Il groppo in casa Napoli è ora soprattutto la questione Garcia. Il tecnico francese è stato apertamente sfiduciato da De Laurentiis, che ha pregato in ginocchio Antonio Conte di trasferirsi a Napoli. Avrebbe contattato, o comunqiue ci pensa, pure Tudor, un tecnico che però non sembra fornire adeguate garanzie. Garcia insoma ha letto sui giornali che non gode più della fiducia del suo datore di lavoro. Ci si chiede ora con quale spiritio andrà in panchina nelle prossime decisive partite di campionato e Champions. E non solo, neppure la squadra ama il suo allenatore. Non s'è mai innamorata della sua visione di gioco e le scelte tecniche sono state platealmente contestate, anche con gesti in campo quantomai eloquenti. Lo spogliatoio non è dalla parte dell'allenatore, forse non gli è ancora del tutto ostile ma poco ci manca. La frattura è netta, forse insanabile. E si sa che quando una squadra non è più al seguito della sua guida non v'è altra soluizione del ribaltone, lo diceva sempre anche il grande maestro Giorgio Tosatti, adducendolo come unico caso in cui davvero non si possa fare a meno di licenziare un allenatore.
La situazione attuale è molto imbarazzante, di non semplice soluzione ma non ancora disperata. Per uscirne bisognerebbe invertire il trend negativo della squadra, vincere più, ritrovare gioco e continuità di risultati. Solo così sarebbe possibile rasserenare un ambiente che oggi è velenoso e sfiduciato. Ma per vincere occorre unità di intenti, volontà, impegno collettivo, tutte doti di cui la squadra disporrebbe ancora, mentre manca la sintonia con chi la gestisce in campo. E se questa non c'è più non sarà facile ricostruirla. Certi dissapori, non li risolvi con i prossimi tre punti, te li porti dietro a meno di una miracolo, alias fuga per la vittoria.
Da più parti si sente addirittura parlare di uno spogliatotio che, avendo già liquidato il tecnico, vorrebbe autogestirsi, ma è pura follia. Nessuna squadra senza un'intesa sottile e profonda con il suo mentore può ottenere alcunchè di buono.
Adl ha sbagliato dal principio, da questa estate. Ha affastellato un errore sull'altro. Dalla scelta di Garcia, alla nascita del nuovo staff tecnico, alla tardiva sostituzione di Kim. Avrebbe dovuto in primis ingaggiare un direttore sportivo esperto e dalle spalle larghe e di concerto con lui nominare il nuovo tecnico. Generalmente nel calcio così fan tutti. Ma no. Adl ha voluto fare lui da direttore generale, tecnico e sportivo, un delirio di onnipotenza che ora rischia di pagare a prezzo altissimo, compromettendo una stagione che poteva ancora annunciarsi trionfale.
Una riflessione finale sul caso Conte: il tecnico salentino non ha voluto accattare l'incarico nel Napoli per motivazione familiari, desiderio di relax e di scaricarel o stress ancora per qualche mese. Comprensibile il periodo sabbatico. Farebbe però bene Adl a prenotare già Conte per giugno. A chiedergli subito la disponbilità, ad abbozzare un'idea di prospettiva insieme e ad opzionarlo. Questa si chiama programmazione. Una parola che però ha sempre fatto venire l'orticaria al vero responabile di tutto questo gran macello.