Un totem della sfiga piazzato in mezzo al campo: in due stagioni di fila i liguri avevano sempre vinto al San Paolo, lo scorso dicembre in maniera davvero rocambolesca e iettatoria.
Il Napoli affrontava il peggiore dei tabù. Stavolta ce l’ha fatta a vincere. Di misura in zona Cesarini, dopo indicibili sofferenze vissute con raro pathos, accompagnato dalla ricorrente collezione di occasioni sprecate. Di errori di misura sotto porta, e di interpretazioni discutibili nelle scelte di Spalletti. Lo Spezia si è difeso con ordine ed orgoglio, si è anche fatto valere in area Napoli. I tre punti sono arrivati sul filo del rasoio, quando gli azzurri erano già stanchi, e solo una combinazione di eventi o una giocata singola potevano sbloccare una partita del tutto inchiodata sullo 0 a 0.
Ci è riuscito Raspadori, che sino al gol aveva giocato una mezza fetecchia. Forse, il peggiore. Imbarazzante il suo sciupìo di palle gol sprecatissime. Ma poi, gli Dei del Calcio lo hanno beato con un sorriso. E l’ex Sassuolo si è presto il palconscenico ed una meritata corsa sotto la curva.
Vittoria limpida e strameritata del Napoli, ma quanta fatica. E quanti errori. I soliti, quelli che la squadra non riesce a risolvere. Crea occasioni da rete in serie progressiva, ma suda dodici maglie per metterla dentro. C’entra la personalità dei protagonisti, manca a Napoli il giocatore scafato, quello alla Giraud che ti ti tira fuori dalle situazioni imbrigliate. Si è sentita eccome l’assenza di Osimhen. Orfani del nigeriano, il Napoli stenta a sfondare le difese. Manca il peso, quello fisico. Mancano i muscoli lì davanti.
Una nota su Spalletti. Il suo turn over è un mezzo pasticcio. Si è capito che senza Lobotka, Zielinski e qualcun altro, il Napoli è quasi una squadra qualunque, che non si distingue. Spalletti insiste su un alternarsi che non convince. Se metti dal primo minuto i pezzi da novanta magari la partita la chiudi nel primo tempo e risparmi energie fisiche e nervose, piuttosto che la fai tua all’ultimo respiro. Il Napoli nel dopo Spezia sarà esausto. Sarebbe saggio partire coi prediletti. La squadra ha bisogno assoluto di alcuni uomini, certi cambi non sono allo stesso livello.
Se non come quello da fulmini e saette contro il Liverpool, con le dovute differenze, l’approccio del Napoli è stato vivace e deciso.
Gli azzurri hanno dominato da subito e cominciato il rito del tiro al bersaglio. Ma con poca precisione. Sembrava la riedizione della partita di dicembre, quella che rese amaro il capitone ai tifosi. Lo Spezia a far catenaccio. L’assenza di Osimhen un mezzo incubo. Mancava il centravanti che fiutava la porta. La scelta di Raspadori dapprima non appariva quella giusta, con Simeone invece a contar pecorelle in panchina.
Ad inizio ripresa la pressione del Napoli è stata ormai una carica all’arma bianca. Spaletti rimescolava un po’ le carte. Ma la palla non entrava. Anzi, lo Spezia sornione ha sfiorato pure il gol.
Molto male Raspadori, fino a…. Sembrava Petagna due la riscossa. Vox populi recitava: trattasi di giocatori di provincia, non adatti a ricche ambizioni. Ma visti i costi di cartellino ed ingaggio non era meglio tenersi Mertens piuttosto che scommettere sull’ex Sassuolo? Invece…
In final di sfida, è proprio Raspadori a piazzarsi nel posto giusto e per una volta ad avere una mira perfetta. Uno a zero, accidenti che colpo alla Cesarini. E che rivalsa per il Rasp. Che deve ancora maturare certo. Napoli non è Sassuolo, gli serve il salto di personalità. In maglia azzurra la palla gli scotta di più fra i piedi, dovrà avere coraggio e tempra per addomesticarla e farla raffreddare. Il cammino è lungo.
In conclusione, non ha convinto del tutto la gestione di Spalletti (perché sostituire sempre Kvara che contro lo Spezia è stato di una perfezione da Olimpo del calcio, ndr), e c’è da migliorare il benedetto rapporto fra tiri in porta e concretizzazioni. Un difetto atavico, quasi strutturale.
Però per esser banali si grida ai quattro venti che l’importante era solo vincere. Per superare lo spauracchio Spezia, per dare continuità all’impresa di Champions e per la classifica.
E tre punti come questi sono una terapia magica per acquisire sempre più autostima.