Servivano i tre punti al Napoli per farsi spazio in una lotta per il quarto posto mai accesa e competitiva come quest'anno. Missione compiuta, dopo un percorso di fatica e paura, novanta minuti e più di incertezza sino al raggiungimento di un obiettivo che è metafora della stagione azzurra: si deve sputare l'anima e gli Dei del calcio sono avari nel regalare episodi fortunati. Al netto delle occasioni, il gruppo Mazzarri ha immagazzinato tante di quelle palle gol che non basterebbe un rotolone da supermercato per elencarle tutte. Alla fine l'ha spuntata alla vecchia maniera, in un acuto stilistico che sembrava quello dello scudetto. Con un sublime gesto tecnico di Kvara in formato energy drink, tornato quel meraviglioso pittore di giocate botticelliane che fu un anno fa. Di sicuro tanto sudore, per battere nel finale una pericolante non è lo specchio di un'annata che passerà alla storia, ma per come si erano messe le cose, e per la qualità, l'organizzazione ed il carattere portati in dote dal pugnace Verona, beh non è stato facile e ci sta di aver inzuppato ogni maglietta più di quanto prevedessero i pronostici.
Il Verona è stato osso duro. Molto fisico, i muscoli stavano per fare la differenza, contro un Napoli volenteroso, ma impreciso e a volte pasticcione. Che si è trovato davanti un Montipò formato Zamora. Ma gli azzurri ancora una volta ci hanno messo quel pizzico di. Di che cosa. Di rabbia, ritrovato agonismo, volontà erculea, che hanno permesso di lottare allo spasimo. Ed in questo la cura Mazzarri sortisce degli effetti benefici. Non solo con l'inserimento dei nuovi acquisti e della valorizzazione di quelli sinora discussi (Lindstrom è stato vibrante e decisivo sul gol), ma soprattutto con l'aver trasmesso alla squadra quel saper essere gruppo, il compattarsi e quell'intrepidezza che mancavano da mesi. E questa vittoria ha ogni parvenza di quella che potrebbe rappresentare la svolta.
Una partita ricca di emozioni e colpi di scena- Mazzarri è ritornato al 4-3-3, stavolta non ha resistito alla tentazione e ha messo in soffitta il suo dogma. Nei primi 20 minuti il Napoli ha attaccato come un ariete, trascinato da uno Kvara che era quello dei bei tempi. Due-tre nitide palle gol, un rigore negato per fallo evidente (e come mai) sul georgiano. Napoli brillante, anche se poi verso la mezzora s'è un po' assopito. Gli spazi gli si sono chiusi, il Verona si è compattato ed allora nisba. Si andava riposo a reti inviolate e con qualche dubbio al cospetto di piccole certezze.
Il Verona, e nel primo tempo e maggiormente nel secondo, non è stato solo rintanato. Per nulla intimidito a difendersi, si è fatto pericoloso più volte dalle parti di Gollini. Ma ad inizio ripresa gli azzurri, dopo la citata pausa, rispolveravano la verve iniziale. Ma erano beffardamente gli ospiti, a passare in vantaggio nello stupore generale. E' stato un virgulto dal nome napoletanissimo, Coppola, a menarla dentro di spalla con un balzo felino, elevandosi su tutti in area, della serie non serviva acquistare un difensore. Ma il Napoli ha ruggito con quelli che non ti aspetti: gestione accademica della palla da parte di Lindstrom e stoccata decisiva di Ngonge. Il colpo di una volta, la magia dimenticata l'ha poi tirata fuori dal suo sconfinato repertorio Kvara, che ha concesso i tre punti al Napoli con un tiro di quelli che restano nelle immagini sfocate del bello del calcio. Vittoria di merito e cuore per gli azzurri, sacrifico passione ed anche qualità. Mazzarri ha capitalizzato al meglio i cambi: Mazzocchi, Lindstrom e Ngonge hanno interpretato bene il ruolo di protagonisti. Restano i dubbi sulla campagna acquisti estiva e su quella di riparazione, però almeno contro il Verona l'hanno vinta i subentranti e il danese che per lunghi mesi aveva tutte le caratteristiche di un oggetto estraneo e sconosciuto.
Le dolenti note societarie, il caso Zielinski- Mentre la squadra vince e convince pure fuori dal campo le rogne e le critiche rumoreggiano. Il polacco escluso dalla lista Champions per ripicca del padre padrone, sta per salutare Napoli nel peggiore dei modi, cioè con uno strappo doloroso. Il caratteraccio di Adl ne cerca addirittura di smontare l'immagine e di farlo passare agli occhi dei tifosi come un opportunista, un gelido disertore. Ma non gli è congeniale il tentativo presidenziale di farne un nuovo core n'grato. Il polacco per otto anni ha indossato con onore, amore e professionalità la maglia azzurra. Ha atteso a lungo un decoroso rinnovo del contratto, Dela ha preso tempo alla sua maniera, ed alla fine s'è fatta avanti la furbissima Inter che ha strappato il sì al calciatore. Nulla di scandaloso, se non l'incapacità-e non volontà- di De Laurentiis nel prolungare una lunga storia d'amore. Zielinski quindi non potrà affrontare il Barcellona, proprio lui che vanta notevole esperienza internazionale ed è una garanzia. Spazio invece all'acerbo Calljuste, che dopo un avvio stagionale con qualche acuto, galleggia ora in un limbo di inconsistenza e mediocrità. Anche col Verona la sua prova non è stata convincente
E spazio pure a Traorè, che in sei mesi prima di approdare in azzurro non ha totalizzato neppure 90' di presenza in campo. Sacrificato Piotr a vantaggio di un imberbe e di un fuori forma, ma non ci teneva da pazzi l'imbarazzante presidente alla prestigiosa kermesse europea che tanti soldini gli ha elargito in passato, e tanti ancora gliene farebbe guadagnare in caso di passaggio ai quarti, contro un Barca che è come mai ingriggito e col fiatone.Se pensi di far cassa non escludi dalla sfida dell'anno uno dei pilastri dello scudetto. Ecco le folli, illogiche contraddizioni aureliane.
Luci ed ombre del mercato- L'agognato difensore non è arrivato. Mai rimpiazzato l'eroe Kim. Improvvisamente Mazzarri ha scoperto le qualità di Ostigard -che peraltro si gode lo spettacolo dalla panchina-e amici come prima. E' vero che il tecnico ha in parte aggiustato e sintonizzato il canale della retroguardia, ma al primo svarione là dietro tutti urleranno che bisognava portar qui un centrale di spesore.Tranne Ngonge, decisivo per gli ultimi tre punti, e lo scatenato Mazzocchi, sono approdate tutte pedine dal forte sapore della scommessa. Ci sta siano prestiti, perché dovrà essere l'erede di Mazzarri a deciderne il futuro. Però i Campioni d'Italia avrebbero avuto bisogno già da ora di qualche nome importante.
Parole a vuoto del presidente- Ormai è ufficiale, meno parla e meglio è. Almeno non nuoce all'ambiente, non innervosisce la squadra e non le fa girare ai tifosi. Il comizio di Aurelio De Laurentiis nel prepartita col Verona, dinanzi alla solita stampa timorosa e compiacente, se voleva fornire spiegazioni su questa bislacca annata ha solo sollevato dubbi e sospetti, conditi da ilarità. L'uomo delle incertezze ed eterne ambiguità ha precisato che l'esclusione Champions di Zielinski è una scelta per fare avanzare le forze nuove. I nuovi arrivati. Dimenticandosi, come già detto, che in certe tiratissime sfide l'esperienza la fa da padrona. Su Dragusin, che ha scelto altre destinazioni, s'è forse dimenticato che nel calcio, come nella vita, se uno ti dice no passi al nome successivo. Che in questo caso non era in agenda. Lui, il patron, che ha cancellato dalla storia del calcio una squadra fortissima e stupefacente, che ha distrutto sul nascere la possibilità di far nascere un ciclo, ad oggi non ha scusanti né attenuanti generiche. Se ne riparlerà a giugno, solo allora potrà sostenere l'esame di riparazione al suo operato.
(Foto fonte l'Arena).