Napoli è da sempre una città che è in grado di amarti visceralmente ma anche di farti perdere la testa (in senso realmente letterale); accadde così con il povero Corradino di Svevia, intorno al quale incominciò a riunirsi un gruppo di cortigiani che, memori del buon governo degli Hohenstaufen in Italia, in particolare di Federico II e uniti dall’odio verso il francese Carlo d’Angiò, avrebbero voluto Corradino, persona colta e gentile, come sovrano di Sicilia. Il dispotismo degli angioini ed il sostegno di tutti venuto a mancare determinarono la decapitazione del giovane sovrano a Piazza Mercato nel 1268; anche con Masaniello le dinamiche furono simili, osannato dal popolo a capo del quale si mise nella rivolta contro la gabella sulla frutta nel 1647 e dai nobili napoletani che l’11 Luglio dello stesso anno gli affidarono la potestà legislativa, lo stesso popolo che il 16 Luglio ne decretò la decapitazione nello stesso luogo. Altra situazione simile si vide durante la Rivolta dei Lazzari nel 1799, dove troviamo il contributo di personaggi come il giurista lucano Mario Pagano oppure della letterata Eleonora Pimentel Fonseca, terminata nel 1806 quando si insediò a Napoli il governo di Gioacchino Murat.
Anche oggi il comportamento del popolo napoletano non è dissimile, fortunatamente non ci sono morti, decapitazioni e feriti ma semplici giudizi sugli allenatori (pardon, condottieri) azzurri; capitò a Mazzarri che, togliendo la giacca, dava il segnale a popolo e squadra di “scatenare l’inferno” (cit. da “Il Gladiatore” di R.Scott) salvo poi entrare nel dimenticatoio per il suo “braccino corto” quando si trattava di fare il definitivo salto di qualità; come non dimenticare anche il “braccino corto” di Benitez alla vigilia della qualificazione Champions contro il Bilbao, quando ebbe a dire “non qualificarsi per la Champions non sarebbe un dramma”, da lì sembra che un allenatore pluridecorato e dal curriculum eccelso sia diventato improvvisamente un “brocco”; con Sarri sta accadendo una cosa simile, quanta differenza tra l’anno scorso quando meritatamente il tecnico toscano sembrava “una cosa scesa da cielo in terra a miracol mostrare” (cit. sonetto di Dante) e quest’anno in cui all’allenatore nativo di Bagnoli vengono imputate le difficoltà della squadra a non riuscire sempre a stare ai vertici del calcio italiano.
Occorre in città sicuramente più coraggio, quel coraggio che significa stare sempre accanto ai nostri condottieri, quel coraggio che farebbe sentire loro tutto il nostro sostegno, perché nessuno possa più tirare a sé le braccia, ma spalancarle verso il cielo che, guarda caso, è azzurro, come i colori del Napoli; insomma, tutti insieme con le braccia aperte verso il cielo, per acquisire una mentalità vincente, per goderci tutti insieme la squadra e i suoi condottieri.