che non ha mezze misure, non puoi essere grigio, o sei bianco, o sei nero (la scelta cromatica non è delle migliori, ma è la prima venuta in mente) ed è quindi facile incappare in una settimana dove il venerdì sei l’eroe Nazionale, un Leonida contemporaneo, ed il martedì l’ultimo allenatore della storia. Nei vicoletti del centro storico, ma non solo, oltre all’immancabile profumo di caffè-ovviamente si parla della moca e non di quelle fredde e diaboliche macchine mangiatrici di cialde- si parla di calcio ed il Bar è quel posto dove chiunque, entra cliente ed esce allenatore. Per la verità, ad influenzare i discorsi tecnico tattici della mattinata, ci hanno già pensato i colleghi nella disamina a freddo della partita: “ha sbagliato Spalletti, non si possono cambiare undici uomini”. Quando un addetto ai lavori si fa promotore di una idea, chi l’ascolta la fa propria e ci mette la “ionta” (aggiunta).
Si, voce e popolo voce e Dio, Spalletti sul banco degli imputati. Il Napoli ha perso con la Cremonese, perché il tecnico toscano ha destrutturato la squadra. Teoricamente questa disamina potrebbe anche essere ritenuta valida, se non fosse che il campo ha detto altro. Tralasciando l’imponderabile, l’episodio particolare, il ciuffo d’erba più alto o più basso, ossia quella variabile impazzita che può determinare il risultato di una gara senza che la logica, tanto cara al vulcaniano Spock, possa dare una spiegazione, nella gara di ieri fino al minuto sessantacinque, attimo nel quale Spalletti decide di mandare in campo i “titolari”, il Napoli era in vantaggio ed in assoluto controllo della situazione.
Questo, serve a spiegare a chi magari avesse voglia di ascoltare una voce fuori dal coro, che probabilmente il turnover e dunque le scelte operate ad inizio gara da Spalletti, non erano del tutto errate. Piuttosto, ci sarebbe da puntare i riflettori sull’atteggiamento, la voglia e la cattiveria che hanno messo in campo i cinque titolari buttati nella mischia per portare il risultato a casa. Ecco, la sensazione avvertita dalla tribuna stampa è stata quella di una domenica mattina fredda e piovoso, nella quale tu avresti voglia di starartene a letto fino a mezzo giorno, mentre invece tua madre alle sette spalanca le porte perché “adda passà l’aria” e ti costringe ad uscire dal tepore e l’abbraccio amoroso delle tue coperte. questo è l’atteggiamento con il quale sono entrati in campo i vari Anguissa, Zielinski, Politano e Kim ed è questo, con ogni probabilità, che ha permesso alla Cremonese di rientrare in gara proprio allo scadere del novantesimo. Altro argomento, ed in questo caso c’è stata l’unanimità di giudizio, la questione della maglia “limited edition”. Va bene la modernità, va benissimo il merchandising, però almeno nessuno tocchi l’azzurro. Quella maglia bianca con inserti rossi sulle maniche e le labbra stampate sul fianco, non può essere un omaggio a San Valentino, come del resto non lo era quella Renna buttata lì al centro nella maglia di Natale. Lodevole, lodevolissima l’iniziativa di devolvere in beneficenza il ricavato delle vendite, ma davvero non se n’è può più, il timore è che per Carnevale, possa spuntare l’effigie di Pulcinella ed allora saremmo realmente alla frutta. Un consiglio ANONIMO, si ritorni all’azzurro, semplice, bello come il mare e come il cielo, l’azzurro Napoli. Capitolo arbitro. Ci spiace, ma qui davvero non ci siamo. La signora Ferrieri Caputi, non ne ha beccata una, manco di striscio. Sarà stata l’emozione, sarà stata una serata storta, ma sbagliare il 90% dei fischi a questo livello non è ammissibile. Badate bene, non si tratta di una questione sessista, avremmo detto e scritto le stesse cose se ad arbitrare fosse stato il signor Sozza, ma l’impressione generale è che la Ferrieri Caputi, ad oggi, non sia adatta a dirigere gare di questo livello.
“Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”
Così cantava De Gregori nel suo brano “La leva calcistica del 68”. Hanno colpito le lacrime di Lobotka dopo il rigore sbagliato che è costato il passaggio del turno. A Lobotka ricordiamo che nell’86’ il Napoli fu eliminato nell’allora Coppa Uefa dal piccolo Tolosa proprio ai calci di rigore a sbagliare dagli undici metri, quella sera, fu Maradona. La storia ci racconta che poi al termine di quella stagione il Napoli si cucì sul petto il vessillo tricolore. Ecco, a Stanislav diciamo questo, trasforma in rabbia quelle lacrime di dolore, che poi a maggio potrebbero diventare di gioia