Non è il Napoli questo di qualche settimana fa, lo dicono anche i numeri. Nelle ultime due partite casalinghe (Milan e Verona) non ha mai gonfiato la rete avversaria. E nelle ultime quattro appena due centri all'attivo. A Lecce ha vinto solo grazie a un clamoroso harakiri dei difensori pugliesi, che il gol se lo sono fatti da solo sotto gli occhi basìti degli azzurri. Qualcosa certo s'è inceppato. Infortuni a parte. La sensazione è che aleggi un po' di fatica. Dopo una stagione tiratissima ciò non deve mandare in panico nessuno. Ci sta che si tiri il fiato, non è mai stata inventata la squadra bionica che da agosto a giugno tenga sempre lo stesso ritmo di gioco e di risultati. Poi l'effetto post Champions è micidiale, non è un caso che il Milan abbia rallentato a Bologna e l'Inter, in caduta libera in campionato, le abbia prese in casa dal Monza.
La nota positiva è che il bomber dei miracoli, Victor Osimhen, è entrato in campo con un impeto da boscaiolo. Bello tosto e determinato, ha colto una traversa interna che martedì sera starà ancora vibrando per il colpo preso. La iella nera ha impedito a lui e al Napoli di sbloccare una partita tutta arricciata su se stessa.
Sul discorso delle ansie invece il quadro è il seguente: incombono due partite molto calde. Il quarto di finale storico contro il Milan, eppoi la trasferta allo Stadium di domenica sera. Due di quelle che se non sei al cento per cento rischi di restare con le pive nel sacco. In ordine, martedì sera con i rossoneri si giocherà una partita da altoforno, clima bollente (a proposito finalmente è tornato il tifo, Diego Gratias, ndr), il nigeriano è in palla, Kvara invece è parso molto rallentato ma ci può stare, senza Anguissa e Kim sarà molto dura. E l'attacco del Napoli che nelle ultime non ha convinto dovrà segnare due reti in più di un Milan che è in palla, molto diverso dal pasticcione di inizio annata. Di poi, nessuno oggi pensa alla gara con la Juve, ma pure quella non capita al momento opportuno. A pareggiare gli equilibri psicofisici ci sta il calendario che vedrà i bianconeri impegnati giovedì sera-addirittura 48 ore dopo gli azzurri- nella focosa focosa serata di Lisbona. Ma attenzione perché alla Juve sta girando bene ed Allegri sta scoprendo talenti su talenti (vedi Fagioli e Gatti) e vede in crescita Chiesa e Pogba al piede di rientro. insomma il Napoli deve stringere i denti e cercare di ritornare quel gran bello che fu per non uscire con qualche acciacco e tante ansie dai prossimi 180'.
Il vantaggio sulla seconda, sempre la lanciatissima Lazio, è quantomai rassicurante: 14 punti, peccato però che appena un paio di settimane fa fosse di 18. Il conto alla rovescia tiene il Napoli in salda posizione di capolista, ma se non dovesse far punti a Torino, con la Lazio che ospiterà il Torino attenzione che non insorga qualche inauspicato sintomo di paura. Nulla di che preoccuparsi, ottimismo pieno per i cuori azzurri ma si alzi la soglia dell'attenzione. Anche perché la chance di poter arrivare in finale di Champions League, battendo appena Milan ed Inter, è una ghiottissima pallina magica che il destino difficilmente ti concederà una seconda volta.
Tornando a Napoli-Verona: al fischio d'inizio per la prima volta fuori contemporaneamente Osimhen e Kavra e in campo la nostalgia dei due fenomeni è stata un macigno. Senza di essi la manovra è troppo prevedibile.
Lo spartito del Napoli monotono. Giro palla paranoico, ripetitivo, senza fantasia. Non si è tirato per nulla. Veneti attentissimi a tappare ogni buco, neppure una disattenzione che potesse aprire un varco per i ragazzi di Spalletti. E agli azzurri mancavano fantasia ed inventiva. Il primo tempo di una monotonia da sbadiglio, modello casa di riposo per anziani. Anzi, è stato il Verona nei primi 45' a rendersi quasi più temibile. Il Napoli troppo impacciato, ha lasciato Montipò in relax. Roba mai vista in questa fausta stagione.
Il secondo tempo si apriva secondo la teoria del peggio ancora. Raspadori puntero per strenua necessità è stato inoffensivo, spesso troppo lontano dalla porta, anche a recuperar palloni che sarebbero toccati ad altri. Difettavano i muscoli in avanti, con un avversario arroccato e ordinatissimo in copertura.
Allora dentro Kvara e Zielinski. Eppoi Osimhen e Lobotka. E partiva l'assalto al fortino veronese. Il super bomber quasi piegava in due la traversa da far paura, ma la palla non è entrata. Anche le star non sono state capaci di mettere al tappeto un Verona dalle gambe molto solide e la testa salda come mai. Si diceva del georgiano: il suo ingresso ha dato pochino, stanco il ragazzo non ha mai saltato l'uomo.
Si potrebbe sintetizzare questo Napoli-Verona come la classica gara post coppa europea e pre-super sfida di ritorno, di quelle in cui raramente anche le migliori fanno faville. Lo stesso Milan si è accucciato a Bologna.
Martedì infatti ci sarà in palio un pezzo di storia. Una semifinale di Champions. Chimmai appena qualche anno fa avrebbe mai immaginato si potesse arrivare contanto lontano. Ad un traguardo tanto prestigioso. Attenzione ancora: il Napoli ha l'obbligo di presentarsi martedì al Maradona con gioia e gagliardezza. Le pressioni peseranno certo, ma se vuole continuare a sognare dovrà avere la testa leggera come sino a poche settimane fa. E così pure domenica a Torino. Ricordate l'incoscienza tutta giovanile e l'entusiasmo della squadra più bella dell'anno e forse d'Europa? Avvenenza ed autostima massime e meno pressioni. Sappiamo non sarà semplice comandare ai neuroni ma se ci si prova gliela si può fare.
(Foto fonte sport Mediaset)