Il rientro in gruppo di Victor Osimhen, deluso e depresso dalla mefistofelica finale di Coppa d'Africa, ha concesso al Napoli la più dolce della chances. Quella di essere ancora in corsa per il passaggio del turno, contro un Barcellona che solo per pochi attimi fuggenti è stato la squadra mirabilante di un tempo. Si annunciava un Barcellona in crisi e al Maradona non ha convinto al cento per cento. Ma non è stata neppure una frana, gli avversari hanno messo in campo organizzazione di gioco e qualità. Il Napoli, invece, dopo una partenza fiacca, dopo aver sofferto a lungo senza rendersi pericoloso, mai in balìa degli avversari ma mai tanto vivace da dare un segno di supremazia, l'ha riacciuffata nel finale con un gol del prossimo partente.
Osimhen ritrovato e beato. Peccato solo che padre padrone l'abbia già venduto, altrimenti chiederebbe una misera colletta a tutta Napoli se non dovesse qualificarsi alla prosima Champions. Sino al momento del gol la prestazione del diamante nigeriano era stata poco percettibile, poco più di unìombra. Quasi un non pervenuto. Ma è bastato un pallone ben recapitato fra i suoi piedi di fata a rimettere in discussione tutto. A pareggiare una partita già persa, a sperare ancora in un clamoroso superamento del turno ed a far sognare al velanissimo presidente, Aurelio De Laurentiis, un gruzzolo di euro. E quello stesso gollazzo dà anche una logica-seppur flebile- all'ennesimo ribaltone in panchina deciso dalla società: Mazzarri è stato mandato via per Calzona con la speranza di un'inversione di tendenza. Troppo presto per dare giudizi. Il Napoli che ha rimontato il Barca è stato reattivo, vivace a tratti.
Non c'è stata una vera scossa tellurica fra gli azzurri, ma il guizzo del bomber ha sfatato quela valanga di critiche che erano già sull'orlo del precipizio, lì lì per far valanga sulle ultime, sconvolgenti, decisioni. Osimhen, insomma, ha dato una mano al suo datore di lavoro. Che ha licenziato Mazzarri, aggrappandosi alla terza rivoluzione annuale. In realtà, Walter Mazzarri, ci fosse stato lui, avrebbe avuto le stesse opportunità di Francesco Calzona. Senza nulla togliere al nuovo arrivato che però ha ancora tutto da dimostrare.
Una partita non esaltante ma il risultato lascia aperta una porta- Debutto del terzo allenatore stagionale per il Napoli, Adl ne ha trombati già due, un record per la sua epopea al timone del Napoli. Il subentrante ha avuto i minuti contati per pensare a come e con quali nuove idee dare una svolta. Non gli si poteva certo chiedere un miracolo e miracolo non è stato. Però il Napoli ha disputato una partita di tutta sufficienza, egregia, non brillante ma molto pratica, almeno nel punteggio. Che possa essere un'iniezione redditizia di fiducia ed aria nuova bisognerà quantomeno attendere la trasferta di Cagliare, domenica.
Non era cominciata bene per gli azzurri questa prestigiosa notte europea da tutto esaurito al Maradona. Il Barcellona teneva palla e il Napoli non la vedeva con frequenza. Nessuna iniziativa di gioco, manovra spenta sul nascere, il gruppo Calzona era rigido e confuso. Provava ad impostare ma ogni buona intenzione si spegneva sul nascere. Così si andava al riposto su uno 0 a 0, tondo con nulla dentro.
Anche l'inizio del secondo tempo era da valium. Ma a dare un tocco di brio ad una gara bloccata è stato un cannoniere brevettato: Lewandowski col fiuto del gol in tuta di vecchio marpione firmava l' 1 a o per i blaugrana. Napoli in pippa. La reazione dapprima era di una leggerezza al limite del patetico. Calzona poi aveva l'ardire di sostituire Kvara per il promettente e rivitalizzato Lindostrom, e se ci fosse stato Zielinski? Cajuste è stato invisibile, Traorè ha il fiatone, del tutto fuori forma. Ma poi il Napoli ha saputo reagire. Non s'è arreso. E a sorpresa l'invisibile sino ad allora Osimhen su passaggio di Anguissa pareggiava una partita già data per spacciata. E' stato un gol tutto made in Coppa d'Africa. Salvatutto. Lo 0 a 1 sarebbe stata una condanna anticipata.
Nel finale, evviva, gli azzurri hanno alzato la testa, cuore ed orgoglio, si sono compattati e tentato di tutto per vincerla. Qualche tiro, tutti all'attacco. Il coraggio e l'anima si sono fatti sentire. Merito di, è presto per dirlo. Ci si augura certo che il nuovo allenatore possa essere l'artefice dell'agnognata svolta.
Forse l'avrebbe meritata Mazzarri- Allora, essere licenziati a meno di 48 ore dalla partita dell'anno è una legnata difficile da digerire. Walter Mazzarri sognava di poter affrontare il Barcellona con Osimhen in campo. Non è che però l'amico di famiglia De Lauentiis abbia fatto di stupendo per meritarsi questa panchina. Difatti, Adl gli ha stroncato l'edizione seconda in azzurro a poco dalla partitissima. A sua discolpa, dopo tanti errori tattici che na hanno più volte rimarcato una parziale mancanza di lucidità nelle scelte, va ricordato che a salvare il Napoli in Champions è stato Osimhen e negli ultimi tempi Walter ne ha dovuto fare a meno. Chissà con lui come sarebbe andata. Nessuna certezza. Ora si dirà che magari Calzona ha dato quello sprint in più. Non è propriamente esatto, o comunque opinabile, perché magari anche il suo predecessore avrebbe potuto beneficiare di un colpo di genio del super bomber.
Zielinski, di lui si è sentita la mancanza- Di sicuro. Titolare è partito l'incerto Jens Cajuste. Un imberbe che sinora non ha mai convinto. Tant'è che Calzona l'ha richiamato in panchina per far spazio a Traorè, giocatore del tutto lontano dalla migliore condizione. E allora è inevitabile ritornare sul caso del nazionale polacco. Per otto anni fedele pretoriano in maglia azzurra, ora promesso sposo dell'Inter e per questa abiura dispettosamente escluso dal sovrano azzurro dalla lista Champions. Una manata molto istintiva e che sa di rancore personale, impulsiva e non razionale, e che ha privato gli azzurri di una pedina di grande esperienza e qualità eccelsa in una doppia sfida difficilissima. Adl non ha agito nel bene della propria azienda ma per ripicca tutta sua l'ha indebolita, mettendo a repentaglio quella barca di milioni della quale ha disperatamente voglia e bisogno. Di quelli che agiscono d'impeto e di sconsideratezza e nuociono innanzitutto a se stessi ed alle proprie tasche. Gli dovesse andar male ben gli sta. Non che Zielinski fosse il salvatore della patria ma di sicuro meglio di Cajiuste e Traorè avrebbe potuto fare.
Quelli della cantera e il nulla della linea verde del Napoli- Il Barcellona ha schierato dal primo minuto Yamal attaccante sedicenne del settore giovanile. Un esempio di lavoro certosino, di progettualità e lungimiranza. Una società di calcio deve basarsi su un piano industriale ed uno tecnico. E quello tecnico non può prescindere dalla ricerca di nuovi talenti e dalla valorizzazione degli stessi, a meno che non si abbia il portafogli dell'emiro che compra sempre i top dei top. E in questo la gestione De Laurentiis è estremamente carente. Il settore giovanile del Napoli è abbandonato a se stesso, nel totale disinteresse della proprietà. Il padrone vuole monetizzare subito e non ha pazienza e illuminazione per investire sui ragazzi. In una terra, la Campania, che è ricca stroricamente di giovani promesse. Quei piccoli di oggi che potranno diventare i campioni di domani. Discorsi da Barca, ma lontanissimi dalla visione di Dela.
(Foto fonte Calcionapoli 24)