Ad immaginare un Napoli fra le prime quattro oggi si fa parecchia fatica, poi resta sempre viva la speranza che con la rosa al completo (ma arriverà mai il giorno in cui tutti staranno bene, è lecito chiederselo) lo scenario possa drasticamente cambiare. Essì, perché per centrare la qualificazione Champions sarebbe di assoluta necessità un filotto di vittorie. Ad occhio e croce sette o otto di fila, in quanto le dirette concorrenti non vanno a velocità supersonica ma a passo sostenuto di certo. Ed il ritardo del gruppo Gattuso aumenta. La corsa ormai non è solo su una ma su tre squadre, le sopracitate appunto.
Ma come mai il Napoli si impappina come un bimbo timido alla recita scolastica. Quando invece basterebbe quel pizzico di attenzione in più. Innanzitutto, bisogna precisare che i fatali errori commessi al Mapei sono stati soprattutto di natura individuale e non di reparto. Dei singoli. Nello specifico dei difensori.
Capitolo retroguardia: quella del Napoli è fra le meno battute del campionato, eppure da un po’ di recite a questa parte ci sono preoccupanti segnali di scollamento. Contro il Sassuolo non si può tanto colpevolizzare il centrocampo sguarnito così caro al tecnico, con due pedine, di cui un solo incontrista, come molte volte si è detto e si è anche evidenziato in campo. Gli scaltri ragazzi di De Zerbi hanno approfittato piuttosto di guai commessi dai singoli. E per cercare una spiegazione a ciò c’è da tirare in ballo il fattore mentale. Azzurri forse poco concentrati. O probabilmente in ansia prestazionale. Tutt’altro che sereni. Ecco, la mancanza di tranquillità nello spogliatoio potrebbe essere una spiegazione plausibile. Però il rapporto con Gattuso sembra abbastanza buono ed anche con la società che tutto sommato si fa in quattro per pagare, in piena recessione generale e soprattutto calcistica, puntualmente gli stipendi. Qualche volta ci sarà stato qualche ritardo ma non circolano voci di gravi inadempienze. E allora. E’ pensabile che invece fra giocatori ed allenatore si sia incrinato qualcosa. Che l’effetto luna di miele dopo la brillante passata stagione e la Coppa Italia vinta sia gradualmente scemato. Oppure che fra gli stessi azzurri i rapporti non siano più tanto felici e distesi come appariva negli ultimi anni. Il discusso sfogo di Insigne, dopo il clamoroso 3-3, che sia il coperchio sollevatosi su una pentola in ebollizione. Che incida la voglia di qualcuno di andar via. E quel qualcuno potrebbe aver perso stimoli ed attenzione. Fra i partenti a giugno, a fine contratto, Maksimovic ed Hysaj, guarda caso fra i peggiori a Reggio Emilia ed autori di due dannose gaffe, soprattutto il primo con un autogol che avrebbe sbellicato dalle rise la mitica Gialappa’s. E lo stesso Koulibaly si dice da più parti sia al passo d’addio. Sarà stato un caso che proprio lui abbia rimediato una delle più assurde espulsioni della storia del Napoli nel finale col Benevento.
E’ un Napoli in cui l’insidiosa variante del calcio, quella psicologica, si è messa di traverso. Le assenze certo giustificano in parte le difficoltà in campo, ma dietro la palla che gira c’è pure la testa, che se non è salda e coi pensieri in ordine fa rotolare il pallone dalla parte sbagliata.