Mercoledì, 14 Dicembre 2016 17:43

Analisi Tattica del Torino

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Il Torino ha vissuto quest’anno una vera rivoluzione in panchina, si è passati dalla conduzione di Ventura, promosso a commissario tecnico della nazionale italiana dopo il passaggio di Antonio Conte al Chelsea, a Sinisa Mihajlovic; il tecnico serbo schiera la squadra con un 4-3-3. La compagine granata subisce ancora un po’ troppo ma è, con il Sassuolo di Di Francesco, la squadra che sta offrendo il calcio più piacevole in relazione alla qualità della rosa a disposizione.

In porta, dal Manchester City, è arrivato Hart portiere di grande esperienza internazionale; Padelli, il sostituto, assicura altrettanta affidabilità, soprattutto in ambito nazionale; la difesa vede Zappacosta, Rossettini, Castan e Barreca che compongono la linea difensiva titolare, molto utilizzate sono state le seconde linee, con De Silvestri sulla destra, Bovo e Moretti al centro e Molinaro e lo stesso Moretti sulla sinistra.

A centrocampo l’ex di turno Valdifiori viene posizionato come vertice basso di centrocampo, mentre Benassi e Baselli agiscono da mezzali, anche per quanto riguarda tale reparto molto utili si sono rivelate le alternative, Vives come vertice basso ed Acquah ed Obi come mezzali.

In attacco le due ali sono Iago Falque e Ljajic, con Belotti schierato da punta centrale, interessanti sono le riserve, Josef Martínez, venezuelano agisce soprattutto come alternativa alle ali, mentre l’italo-argentino Boyé può sostituire tutti gli attaccanti titolari,

Fase di possesso:

Torino in Possesso Palla

In fase di costruzione i due centrali del Torino cercano di scaricare la palla al vertice basso del centrocampo, Valdifiori, che poi apre il gioco sulle fasce per uno dei due esterni bassi, questi ultimi giocano sempre molto alti dando ampiezza alla squadra e arrivano facilmente sul fondo sfruttando le sovrapposizioni dietro gli esterni d’attacco Ljajic e Iago Falqué, entrambi sfruttano il movimento della punta centrale per effettuare tagli fuori-dentro, è il triangolo di centrocampo in cui è il vertice basso a gestire tempi e flussi di manovra e con, la squadra mantiene un baricentro molto alto alla ricerca del recupero palla già nella trequarti avversaria per ridurre al minimo il rischio di transizioni in contropiede; il Torino, infatti è l’ultima squadra del campionato per possesso palla (poco più del 40% a fronte del 57 del Napoli primo nella speciale classifica) con il 77% di accuracy nei passaggi completati. Un dato che, incrociato con quello relativo ai cartellini, fa capire che gli uomini di Mihajlovic non ama gestire troppo il possesso palla.

Belotti, che è fondamentale tanto in area di rigore quanto in fase di costruzione, cerca spesso di accorciare staccandosi dalla linea difensiva effettuando il classico movimento da “pivot” come nel basket. In questo modo il centravanti del Torino riesce a creare spazi preziosi per la sua squadra. Una particolarità del 4-3-3 di Mihajlovic è la libertà di svariare dei due esterni d’attacco, Ljajic e Iago Falque, il primo ha anche compiti di regia in quanto nel momento in cui la squadra ha difficoltà nel costruire si abbassa a ricevere palla fino a sotto la linea del centrocampo, entrambi spesso si spostano sulla fascia di competenza del compagno, per giocare nello stretto e creare superiorità numerica sul lato-palla. Tra le mezzali, Benassi è il giocatore chiamato all’inserimento senza palla e alla partecipazione attiva nell’ultima costruzione, Acquah il classico elemento di rottura delle trame avversarie, abile a inserirsi sulle linee di passaggio (11 intercetti fin qui completati) ed energico il giusto quando si tratta di affondare il tackle.

Fase di non possesso:

Torino fase di Non possesso

La fase di non possesso del Torino si basa su pochi ma chiari principi tattici. La squadra adotta diverse soluzioni differenti in corrispondenza delle varie fasi di gara; alternando momenti di pressing alto ad un atteggiamento più attendista. Il principio costante che si può trovare è la pressione portata dal terzino o dall’esterno di competenza nei confronti del terzino avversario quando ha la palla. Da qui i granata hanno diverse opzioni: o fa seguito un accompagnamento generale dei compagni che determina densità in zona palla, oppure una remissività dei centrocampisti che non vanno in pressione sulla palla ma preferiscono temporeggiare. Quando si difende nella propria metà campo invece, il Torino si dispone con un 4-5-1 abbassando Ljajic e Iago Falque sulla linea dei centrocampisti e con Belotti che rimane l’unico uomo sopra la linea della palla il lavoro della squadra granata è caratterizzata dal fatto di seguire a uomo i movimenti di taglio e smarcamento degli avversari negli ultimi venticinque metri di campo. A differenza della fase di pressing che viene attuata dai granata in maniera abbastanza efficace, la fase di non possesso ordinario può essere riscontrata come un punto debole della squadra di Mihajlovic, in quanto difetti di comunicazione tra i giocatori o errori individuali, aprono dei varchi per gli avversari. I granata sono una squadra vulnerabile una volta saltata la prima linea di pressione e che soffre tremendamente le contro-transizioni susseguenti a un pallone perso sulla trequarti offensiva, le difficoltà derivano principalmente dal passaggio dalla difesa a tre a quella a quattro e, soprattutto, dalla mancanza di un secondo centrale affidabile da affiancare all’ottimo Castan; accanto all’ex romanista si sono avvicendati i vari Moretti, Rossettini e Bovo senza che nessuno riuscisse a garantire un livello di copertura accettabile: e non è un caso che molte delle reti subite dal Toro siano state realizzate all’interno dell’area di rigore. Nemmeno gli esterni bassi sono, però, esenti da colpe: i granata patiscono le squadre che tendono a cambiare spesso il fronte del gioco.

Altro problema, questa volta di ordine psicologico più che tecnico, è costituito dall’approccio alle partite con le cosiddette piccole. Se da un lato, infatti, il Torino sembra essere in grado di giocarsela con le squadre di rango superiore, dall’altro è andato notevolmente in difficoltà quando si è trattato di fare la gara contro squadre che gli lasciavano scientemente il pallino del gioco, gli uomini di Mihajlovic amano impostare le azioni mediante transizioni veloci e fulminee dopo il recupero palla.

Mihajlovic dovrà lavorare molto, il serbo ha già dimostrato in questi primi mesi granata di essere l’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto. Quello, cioè, in cui deve concretizzarsi il passaggio da squadra di belle speranze a solida realtà che possa puntare stabilmente alle posizioni che contano anno dopo anno.

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