Lunedì, 20 Ottobre 2025 14:16

Il calcio alla deriva

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Quaranta ore per coprire una cinquantina di chilometri. È quanto impiegherà il Como per andare a giocare sul campo del Milan, eccezionalmente e metaforicamente spostato a Perth, in Australia. E già, perché la sfida della ventiquattresima giornata di Serie A tra i rossoneri di Allegri e i biancazzurri di Fabregas, si giocherà nel fine settimana del 7-8 febbraio dell’anno prossimo (la data precisa non è stata ancora fissata) dall’altra parte del mondo: se vogliamo la migliore dimostrazione di quanto il nostro calcio sia finito a testa in giù e piedi in aria. E dunque quaranta ore di volo per la partita fra le squadre di due città che distano, appunto, non più di cinquanta chilometri. Perché tutto questo? C’è una risposta ufficiale, abbastanza breve; e c’è una risposta ufficiosa, più lunga e, nel complesso, più triste per le sorti del calcio italiano.
La breve: in quel fine settimana lo stadio milanese – San Siro, la cui sorte è peraltro tutta ancora da scrivere – sarà impegnato.........

per una delle cerimonie collegate all’Olimpiade invernale Milano-Cortina. La lunga: beh, mettetevi comodi ma soprattutto non mettetevi proprio se siete entusiasti della deriva che sta prendendo la Serie A, se siete ammiratori delle disumane leggi del mercato, se pensate che il denaro compri tutto e che tutto ha un prezzo. Se state ancora leggendo, chiudete gli occhi e, se proprio non vi reca fastidio e scusando gli inglesismi, cercate di materializzare concetti come: prodotto da vendere, mercato da espandere, ampliamento del target, brand da esportare, valore del marchio da aumentare e altro ciarpame che si affolla davanti ai vostri occhi. È il marketing, bellezza, è il merchandising, nuovi sovrani di un’epoca che va di corsa ma alla quale in realtà sembra sempre più mancare il fiato.
Non che sia una novità assoluta, eh, perché già da qualche anno la Coppa Italia si gioca in Arabia Saudita e i ritiri precampionato sono fatti per lo più di scomode trasferte per gare amichevoli che fanno rima con soldi e sponsor. Nessuno obietta, pochi protestano, in tanti si affannano a difendere una modernità che, se non va certo osteggiata, non è sempre sinonimo di evoluzione positiva. Basterebbe l’aumento di infortuni muscolari tra i calciatori a far scattare l’allarme, ma tanto se pure suona, quell’allarme, se ne fregano tutti, mentre il leggero fruscìo di soldi lo ascoltano eccome, leghe e società, salvo poi piangere a latte ormai versato.
E dunque va così: man mano il divano sta sostituendo gli spalti dello stadio e soprattutto dimenticate il panino con la polpetta o la frittata di maccheroni che accompagnava le trasferte popolari di qualche tempo fa, quelle a bordo di scalcinati bus con tappezzeria dal passato che era meglio ignorare e con ancora le Stereo 8 sulle quali comandava l’autista. Ma anche quelle magari più recenti, con un bel po’ di tecnologia in più però emozione e passione intatte. Qualche traguardo si può ancora raggiungere: ad esempio un derby romano o milanese in Cina o un allenamento infrasettimanale in Nuova Zelanda, purché a fusi orari diversi dal nostro. E il panino e la frittata? Se ancora vanno di moda, conservateli per altri appuntamenti.

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