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Sabato, 20 Dicembre 2025 10:03

Il calcio noioso e la triste tribù dei “piedi invertiti”

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Servirebbe una Red Bull al nostro calcio: per mettere le ali. Alzi la mano, infatti, chi ricorda un bel vecchio cross dal fondo campo verso l'area con l'attaccante - o anche un centrocampista o un difensore che si inserisce, è lo stesso - che colpisce di testa. Mani alzate non se ne vedono perché i cross dal fondo sono ormai archeologia calcistica, roba da vecchi boomer, immagini quasi in bianco e nero, ciarpame ritenuto inutile. Se c'è infatti una malattia che affligge più di altre i nostri campionati, è quella dei “piedi invertiti”, che non è un'antica tribù di nativi americani, no, ma la moda attuale, quasi una manìa, degli allenatori a schierare i cosiddetti esterni alti (le antiche ali, spiego per gli anziani come me) sulla fascia opposta al piede naturale. Perché?......

Ma perché i nuovi geni - ai quali si accodano poi tutti quelli che idee non ne hanno neanche per sbaglio - non vogliono più che gli esterni saltino l'uomo, creino superiorità numerica, vadano sul fondo e mettano la palla al centro costringendo intanto un difensore a chiudere lasciando libero uno spazio in area; per carità, ma cos'andate a pensare, non fateci ridere: l'esterno deve ricevere palla sulla fascia e deve poi “entrare nel campo”, vale a dire convergere verso l'area e “tirare a giro”, che fa più figo.
Se però in squadra non hai Berardi (almeno quello di qualche tempo fa), Orsolini o simili - e neanche sempre - i risultati di tali scelte sono di solito le seguenti: l'esterno in questione viene troppo facilmente limitato da un centrocampista avversario e altrettanto facilmente raddoppiato da un difensore che non deve in questo caso allontanarsi troppo dal centro dell'area; la manovra d'attacco si impantana nell'imbuto centrale facilitando notevolmente il compito di chi bada solo a difendersi senza altri scopi che strappare un punto; l'attaccante centrale, se c'è, non vede palla; e l'esterno finisce per mettere a centro area un morbido e innocuo cross che viene spazzato via dal difensore centrale o bloccato in facile uscita alta dal portiere, che poi ne approfitta per gettarsi a terra e rimanerci lunghi secondi che ovviamente non verranno mai recuperati (torneremo questo e su altri tipi di manfrine anti sportive e vigliacche, ad esempio fare una sostituzione al 93’ quando si sta vincendo)

Come nel caso della costruzione dal basso, alla quale non rinuncia nessuna squadra, anche quelle che hanno difensori con piedi e tecnica da museo dell'orrore, così anche ai “piedi invertiti” non rinuncia nessuno, come se fosse una vergogna, una follia, una bestemmia tattica. Chi sia stata a metterla in pratica per primo, difficile dirlo, di certo, parlando ai boomerang, né Claudio Sala, né Causio, né Bruno Conti pensavano lontanamente ad “entrare nel campo”, ma saltavano l'uomo e mettevano al centro, come un'ala deve (o dovrebbe) fare; e i gemelli del gol, Pulici e Graziani, non sarebbero rimasti nella storia se, appunto, Claudio Sala fosse finito nella triste riserva protetta dei “piedi invertiti”.
Nessun problema grave, per carità, il nostro calcio ha di certo questioni più gravi da affrontare. Però chi sempre più prova una noia mortale nel guardare le partite, probabilmente sarà d'accordo nel sottolineare la questione. La maggior parte delle gare si risolve nel continuo dare la palla indietro ai centrali difensivi che puntualmente la ridanno agli esterni che non trovano spazio e la restituiscono ai difensori e così via, in un eterno “e venne il cane che mangiò il gatto che mangiò il topo” calcistico senza frutti né sussulti per il pubblico, allo stadio o a casa. Poche occasioni vere da gol, gare bloccate, noia, zero verticalizzazioni, ancora meno dribbling verso il fondo e così via.
E se qualcuno provasse a stappare una Red Bull?

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Gigi Amati

Gigi Amati, napoletano classe 1960, giornalista professionista, segue il calcio ed è appassionato di filosofia, cinema e letteratura.
Ha iniziato al Giornale di Napoli a fine anni '80, poi collaborazioni con quotidiani nazionali, una parentesi al Roma e quindi l'incarico di addetto stampa del Napoli calcio. Finita l'esperienza nella comunicazione sportiva, è iniziata la lunga stagione salernitana con oltre vent'anni al quotidiano La Città e un anno al Quotidiano del Sud. Attualmente è freelance: collabora al Roma con una rubrica settimanale di satira calcistica ed è spesso ospite di trasmissioni televisive su emittenti locali. È anche consigliere regionale dell'Ussi, il sindacato giornalisti sportivi.