Stampa questa pagina
Venerdì, 07 Novembre 2025 17:58

Impianti sportivi, siamo pronti e all’ultimo stadio? Neanche al primo

Scritto da
Vota questo articolo
(0 Voti)

Impianti per gli Europei 2032, siamo pronti e all’ultimo stadio? Macché, neanche al primo. E già, perché l’Italia non si è qualificata alle ultime due edizioni dei Mondiali, ma in fatto di ritardi nella realizzazione delle strutture è sempre campione del Mondo, e senza rivali. Se pensate a Italia ’90, con lo strascico di problemi legali durato anni e......

gli stadi che in molti casi già cadono a pezzi perché rifatti male e spesso a pezzi, beh, capirete perché in vista dei prossimi Europei la situazione è critica assai: di fatto non c’è un impianto che possa dirsi già bell’e pronto, ad eccezione dello Stadium di Torino e forse dell’Olimpico di Roma, nelle altre città papabili si brancola nel buio o, peggio, la fanno da padroni i legacci burocratici quando non anche gli orgogli e le velleità dei soggetti coinvolti.

Firenze è l’unica città dove i lavori di ristrutturazione del Franchi sono già in corso, ma, guarda un po’ il caso, proprio di recente sono stati annunciati ritardi sull’iniziale programma, ritardi che impediranno alla gloriosa società viola e ai suoi tifosi di festeggiare il centenario in uno stadio completo. Nel caso dell’impianto toscano, tutto ha ruotato intorno al divieto assoluto da parte della Soprintendenza di abbattere il vecchio stadio e rifarlo da capo, come voleva il presidente Commisso e come avviene quasi sempre all’estero. Il motivo? Il vincolo architettonico che blinda il Franchi, costruito dall’architetto Nervi (gloria nazionale) con metodi e invenzioni stilistiche d’avanguardia, sì, ma all’epoca, ora di avanguardia non c’è più traccia e siamo infatti ad atteggiamenti e divieti da retroguardia. Malgrado tutto ciò, Firenze potrebbe forse rientrare nelle candidate ad ospitare la manifestazione del 2032.

A Roma si attende sempre che la Roma avvii la costruzione dello stadio tutto suo e dunque… campa cavallo. La Lazio invece pensa sempre a trasformare il Flaminio nella sua nuova casa, però i tempi della burocrazia e quelli delle decisioni di Lotito non sono esattamente sinonimi di velocità e tempistica. A Milano addirittura San Siro è stato venduto a Milan e Inter e sarà probabilmente abbattuto in attesa dei due nuovi stadi di nerazzurri e rossoneri, e allora con tutta la buona volontà si fa più presto a immaginare la colonizzazione umana di Marte.
Detto già di Torino, resterebbero gli impianti cosiddetti minori. Udine sarebbe avanti, il Mapei è sempre pronto ma piccolino, a Bergamo hanno fatto le cose per bene ma anche qui la capienza non è l’ideale. Approfittando della campagna elettorale a pieno regime in Campania per le Regionali, qualcuno sponsorizza l’Arechi di Salerno, dove peraltro i lavori non sono ancora iniziati, ma l’evidente aria di sfida – appunto politica - nei confronti di Napoli connota di populistico la proposta e chi la caldeggia.
E infine Napoli. Il San Paolo va ristrutturato e risistemato a fondo e non solo per gli eventuali Europei, ma anche più banalmente per le normali esigenze della società azzurra. Il progetto va avanti, certo, ma trattandosi di intervento pubblico gli adempimenti e i passaggi sono numerosi come gli strati della migliore millefoglie (ma meno buoni, va precisato) e dunque i tempi al momento si percepiscono lenti, lentissimi, più o meno come il rigore calciato da Camarda contro il Napoli. E De Laurentiis? Beh lui annuncia uno stadio nuovo da un bel po’ di tempo e nel frattempo cambia idea sulla possibile sede più frequentemente di quanto cambi la camicia. E quindi torniamo all’inizio: la situazione degli impianti sportivi in Italia non è avanzata all’ultimo stadio, non è neanche al primo.
Attenzione, ci sarebbe un’idea rivoluzionaria, forse. A Rio de Janeiro la municipalità cittadina mette in vendita per debiti il glorioso Maracana. Considerando che da quelle parti saranno sicuramente più veloci nelle ristrutturazioni, l’Italia potrebbe aspettare la fine dei lavori e poi comprarlo per avere almeno uno stadio pronto. In fondo il Brasile è pieno di italiani…

Letto 125 volte
Gigi Amati

Gigi Amati, napoletano classe 1960, giornalista professionista, segue il calcio ed è appassionato di filosofia, cinema e letteratura.
Ha iniziato al Giornale di Napoli a fine anni '80, poi collaborazioni con quotidiani nazionali, una parentesi al Roma e quindi l'incarico di addetto stampa del Napoli calcio. Finita l'esperienza nella comunicazione sportiva, è iniziata la lunga stagione salernitana con oltre vent'anni al quotidiano La Città e un anno al Quotidiano del Sud. Attualmente è freelance: collabora al Roma con una rubrica settimanale di satira calcistica ed è spesso ospite di trasmissioni televisive su emittenti locali. È anche consigliere regionale dell'Ussi, il sindacato giornalisti sportivi.